Cultura laica e idealità di progresso nei massoni lombardi tra Otto e Novecento.

Il caso pavese.

Anna Maria Isastia p. 59 - Annuali di Storia Pavese - n. 22-23, 1995

(Trattasi di un estratto degli atti del convegno "Fedi e culture in area padana tra Ottocento e Novecento". Senza dubbio è un pezzo fondamentale della storia della massoneria locale, la cui conoscenza e utile e opportuna ma, sopratutto, gradevole.)

In Lombardia, a fine Ottocento, non si contano molte logge. Quantitativamente però i massoni lombardi imprimono alla Comunione italiana un'impronta democratica molto decisa, collaborando strettamente con le forze radicali, repubblicane e socialiste, tra le quali, del resto, i massoni sono numerosi. Pavia appare massonicamente piuttosto defilata fino al 1886, quando nasce la prima loggia cittadina, schierata su posizioni anticlericali e anticrispine. Gran parte dell'associazionismo democratico cittadino appare collegato e interamente con la loggia.

Parlare di cultura laica per una associazione che è permeata di spiritualità iniziatica, e di idealità di progresso per uomini che, come massoni, nel tempio, si dovrebbero sentire in uno spazio atemporale, può apparire un nonsenso. Le costituzioni massoniche vietano infatti ai fratelli di discutere in loggia di politica e di religione e quindi, per il massone, il momento politico dovrebbe essere nettamente separato da quello esoterico.

In concreto, però, nell'Italia della seconda metà del XIX secolo, la loggia venne a costituire un punto di incontro di idee e di progettualità politica, legato al processo di unificazione nazionale. Non a caso la rinascita della comunione massonica ebbe inizio subito dopo la guerra del 1859. Per capire il perché di questa evoluzione bisogna partire dalla constatazione che la massoneria di quegli anni aveva come fondamento «l'assoluto riconoscimento della libertà di spirito e di coscienza e la rinuncia ad ogni legame dogmatico».(1) Come sosteneva Ulisse Bacci, personaggio chiave della massoneria italiana di cui rappresentò «l'apparato» per oltre quarant'anni, il massone deve «indirizzare le proprie forze a conseguire tutte le riforme filosofiche e politiche, che valgano a stabilire in tutto il genere umano il regno della verità, della libertà e della giustizia».(2) La massoneria quindi non si occupa di religione «quando questa non si costituisce a pericolo supremo e a negazione assoluta dell'umano progresso». Analoghe le considerazioni legate alla politica, perché alla massoneria si riconosceva l'obbligo morale di «combattere contro qualunque privilegio, sia d'uomo, sia di casta, sia di classe, sia anche di maggioranza di cittadini».(3)

Con queste premesse, per i massoni italiani occuparsi di politica o di religione rientrava quindi nelle finalità dell'Ordine, indirizzate al conseguimento della libertà e della piena dignità della persona umana. «Però siccome l'uomo trova la sua naturale manifestazione nella civile società, nella qualità inerente ed indispensabile del cittadino, così non può dirsi che un ordinamento sociale riconosca, rispetti e difenda l'umana personalità, ove non riconosca, rispetti e difenda del pari i diritti imprescrittibili del cittadino».

È chiaro quindi perché la massoneria italiana assunse caratteristiche sempre più nettamente democratiche; per cui, per entrare in massoneria, furono considerati requisiti necessari non solo essere uomo libero e di buoni costumi, come prescrivevano le antiche costituzioni, ma anche essere progressista, laico, anticlericale e democratico.4 E nella società prepartitica italiana la loggia ebbe un ruolo trainante. Tutto l'associazionismo, del resto, con le sue strutture democratiche, il rinnovo delle cariche, l'ugua­glianza tra i soci, il dibattito interno, servì anche a far maturare politicamente gli italiani. Per quanto riguarda l'istituzione massonica bisogna aggiungere che essa si estendeva su tutto il territorio nazionale e che era, per sua stessa natura, interclassista.

Per completezza va aggiunto, però, che, se questo è l'indirizzo prevalente in alcune logge italiane, sarebbe inesatto dedurne che la maggioranza dei massoni, nel periodo preso in esame, fosse necessa­riamente legata all'estrema sinistra politica.

In questo quadro generale, la massoneria lombarda ha svolto un ruolo di costante opposizione da sinistra della dirigenza massonica e di stimolo a porsi su posizioni sempre più dichiaratamente politiche fin dal 1864, quando Ausonio Franchi diede vita al Rito simbolico di Milano in antitesi al Grande Oriente d'Italia.

Alla base dello scisma l'esigenza di allargare le basi sociali della fratellanza riducendo le tasse annuali e semplificando al massimo la complessa rituaria massonica, con l'eliminazione degli alti gradi e la  conservazione dei soli gradi simbolici di apprendista, compagno e maestro.

L'ideale massonico di Ausonio Franchi, che insegnò storia della filosofia a Pavia dal 1860 al 1863, prima di essere trasferito all'Accademia scientifico-letteraria di Milano,7 si può così sintetizzare: ridurre ad una sola famiglia l'umanità. Auspicava società di mutuo soccorso, istituti di credito e stabilimenti industriali. Desiderava l'istruzione del popolo. Politicamente, per lui, la massoneria doveva essere un campo neutro dove tutti potessero incontrarsi per il bene comune. Di grande interesse notare che del gruppo di Ausonio Franchi facevano parte il banchiere Prospero Moisè Loria, fondatore dell'Umanitaria di Milano, l'avvocato Giuliano Guastalla, il prof. avv. Luigi Cremona, il prof. Luigi Luzzati, il prof. Ferdinando Debelli.

Il Rito simbolico di Milano rimase separato dal Grande Oriente d'Italia dal 1864 al 1868 quando, per impulso di Simone Larcher, rifluì nell'alveo comune.8 La fusione, formalizzata l'anno successivo, non pose termine al contrasto tra il Rito simbolico italiano e il Rito scozzese antico e accettato. Le massime cariche del secondo erano a vita e l'organizzazione interna era di tipo gerarchico e autoritario assai complesso. Il Rito simbolico invece aveva cariche elettive e temporanee e tutto il cerimoniale esoterico era ridotto al minimo. Tutto ciò lo faceva ritenere uno strumento democratico e quindi più adatto ai tempi. Negli anni seguenti si ebbe il ripetersi di tentativi per arrivare all'unificazione dei riti sulla base di quello simbolico.

Negli anni Settanta, si definirono i motivi della scelta sociale della massoneria lombarda sulla base di un deciso anticlericalismo, contro l'azione della Destra giudicata irresoluta; dell'affermazione della preminenza dei diritti dell'individuo contro la prevalenza dello Stato; della lotta a un'ingiusta pressione fiscale; per la scuola laica, obbligatoria e gratuita. In primo piano la lotta alla miseria e la volontà di riscatto delle masse operaie e contadine.

Un'analisi molto acuta delle basi culturali di larga parte della massoneria lombarda degli anni Ottanta è stata fatta da Fonzi che ne ha evidenziato i legami con la «cultura laica, di tradizione romagnosiana e cattaneana, che i democratici milanesi, già nella prima metà del secolo, avevano contrapposto alla cultura cattolica, che, soprattutto per l'influenza di Manzoni e Rosmini, prevaleva anche negli ambienti liberali-moderati.

Razionalista e positivista era quindi l'ambiente democratico e massonico in Lombardia, senza indulgenze per la religiosità cristiana o per quella mazziniana, per l'idealismo o il misticismo ancora imperanti in molte logge dell'Italia centromeridionale. (...) Certo è che nello studiare la situazione milanese bisogna tener sempre conto degli orientamenti religiosi, filosofici, culturali di uomini che guardavano alle opere di Roberto Ardigò più che a quelle di Mazzini o di Saffi, di uomini che spesso irridevano i riti massonici e, sul "Pensiero Italiano" di Pirro Aporti o sulle riviste del 'fratello' Arcangelo Ghislieri, facevano professione di razionalismo assoluto, di ateismo e di materialismo». Una importante messa a punto delle questioni sul tappeto fu fatta, nell'autunno del 1881, in un congresso nazionale organizzato dalla massoneria milanese.11 Sei i temi in discussione di cui due «politici». Il titolo del secondo tema era «Dell'atteggiamento della Massoneria di fronte alla questione sociale». Il titolo del quinto tema riguardava «Provvedimenti per la pratica ed efficace soppressione delle corporazioni religiose in Italia».12

Ai massoni milanesi premeva affrontare seriamente i problemi del quarto stato. La massoneria a loro giudizio non poteva restringersi ai ceti borghesi.

Il mondo cammina (...) il quarto stato chiede alla sua volta di entrare (...) Che la massoneria italiana si ponga quindi all'opera e presto. (...) Bisogna dare al popolo ai lavoratori delle città e delle campagne, con la scienza, la coscienza di sé stessi. Bisogna educare il legittimo successore al quale i fati destinano la sovranità della terra.

Era un linguaggio che superava la più sfumata ideologia democratica e che dichiarava una identifica­zione col pensiero socialista. I massoni milanesi chiedevano che la massoneria si estendesse e si generalizzasse anche fra le classi lavoratrici delle città e delle campagne e criticavano aspramente quanti tendevano a rifiutare al popolo quegli stessi diritti che la borghesia aveva strappato all'aristo­crazia. Per ottenere risultati concreti auspicavano la nascita di una serie di logge «operaie e campagnole» strettamente dipendenti da logge madri. I fratelli potevano anche essere analfabeti in quanto «precipuo fine di queste logge massoniche sarebbe quello d'instituire una scuola per insegnare a leggere, a scrivere e far di conto non solo ai fratelli ma alle loro famiglie, ai loro amici ed attinenti». Queste logge non avrebbero pagato tasse e gli affiliati sarebbero stati lentamente informati sugli «intendimenti progressivi ed umanitari» dell'istituzione massonica. Si otteneva così di istruire e sottrarre all'influenza del clero un certo numero di persone che a loro volta avrebbero poi fatto propaganda laica.

Si pensava anche di occuparsi del collocamento degli operai e del mutuo soccorso. L'istituzione massonica veniva infatti considerata dai 'fratelli' come punto di incontro tanto del vecchio associazio­nismo mazziniano quanto della nuova organizzazione dei lavoratori propugnata dai socialisti. Lo testimoniano le proposte di creare società cooperative, scuole, biblioteche per «migliorare le condizioni delle classi povere»15 e di costituire società di mutuo soccorso per i lavoratori per farvi penetrare l'influenza massonica.16

Altro tema all'attenzione dei massoni, e non per la prima volta, era quello della donna. L'articolo IX delle Costituzioni del 1880 recitava: «la Massoneria italiana non ammette logge femminili; ma si propone il miglioramento morale, intellettuale ed economico della donna, e ne dirige l'opera a determinati scopi di beneficenza, d'educazione e di diffusione dei principii massonici».17 L'argomento veniva ripreso nel congresso di Milano dove, ancora una volta, si sarebbe dibattuto sull'opportunità o meno di creare logge femminili, ma soprattutto sul tema dell'uguaglianza tra uomini e donne, essendo considerato questo uno dei caposaldi dell'Istituzione.

Un fratello della loggia «La ragione» di Milano propose non solo di costituire logge femminili ma addirittura di permettere «che le società profane possano divenire mass\o alleate della mass\quando dimostrino di professarne i principi».19

Affermazioni come quella appena citata, ma anche le tesi sostenute da Pirro Aporti, conservano ben poco, per non dire nulla, di massonico, se intendiamo la massoneria nel suo significato peculiare. Di fatto la realtà di gran parte della comunione massonica del centro nord della penisola vede la loggia utilizzata come una grande fucina di elaborazione politica e culturale in chiave progressista e democratica.

Il quinto tema del congresso aveva per titolo «Dei provvedimenti per la più valida ed efficace soppressione delle corporazioni religiose in Italia». Vi veniva affrontata tutta la complessa tematica legata alla lotta al potere temporale della chiesa cattolica considerata alleata del dispotismo e nemica del progresso. Nemica soprattutto del movimento nazionale risorgimentale di cui la massoneria si considerava invece custode ed erede. La guerra alle corporazioni religiose era la guerra al potere che detenevano, non alla loro essenza religiosa20 Per intervenire seriamente, si leggeva sulla rivista, bisognava innanzitutto sopprimere l'art. 1° dello Statuto Albertino, articolo contro il quale tutta la sinistra era schierata compattamente, abolire la legge delle guarentigie che tante polemiche aveva suscitato sin dalla discussione in Parlamento ed infine lasciare le spese del culto a solo carico dei fedeli e non di tutta la comunità21 In sintesi, dall'insieme degli argomenti sottoposti all'attenzione dei fratelli per una approfondita discussione, veniva fuori il progetto globale di una massoneria che doveva diventare «uno dei fattori più importanti e primissimi del moderno progresso civile».2

L'attività dei massoni lombardi si allargava alle più varie iniziative. Molto importante tutta l'azione legata alla questione della cremazione dei cadaveri connessa tanto a motivi igienici quanto alla volontà di intervenire sul monopolio cattolico delle cerimonie funebri. Nel 1875, nella loggia «La ragione» di Milano di Rito simbolico, veniva avviata la discussione sulla cremazione dei cadaveri di cui erano alfieri Gaetano Pini, Jovi e Paolo Gorini, inventore del forno crematorio che porta il suo nome. Nel 1876 si costituiva a Milano la prima Società di cremazione, ad opera di Malachia De Cristoforis, Gaetano Pini, Giuseppe Polli, e si iniziava la costruzione del primo forno crematorio con la cooperazione delle logge milanesi, che poi parteciparono all'inaugurazione avvenuta nel 1883. In quella occasione, i discorsi inaugurali furono tenuti dal medico Malachia De Cristoforis, massone, nella sua qualità di presidente della Società di cremazione, e dal segretario Gaetano Pini, anche lui medico e massone. Analoga società sorgeva a Pavia nel 1881 ad opera di 64 pavesi tra cui Giovanni Cantoni professore di fisica, senatore e più volte rettore dell'ateneo pavese, che fu eletto prima presidente della Società di cremazione di Pavia, poi presidente del Comitato centrale della Lega delle società italiane di cremazione ed infine presidente onorario della commissione internazionale.

Dell'associazione pavese facevano parte il rettore del collegio Ghislieri, Luigi Bertagnoni, l'avvocato Antonio Griziotti, l'avvocato Costantino Mantovani, l'avvocato Pietro Lavezzi. Nel 1890 diventava azionista della società anche Pietro Pavesi, professore di zoologia nell'Ateneo e sindaco della città dal 1899 al 1902.

All'inizio degli anni Ottanta, anche Filippo Turati, allora su posizioni positiviste, si univa al coro di quanti esaltavano le nuove possibilità della scienza, che poteva così togliere spazio alla «superstizione».

Altre importanti iniziative furono intraprese dai massoni lombardi in campo sociale. Si pensi ai ricreatori laici festivi, il primo dei quali fu inaugurato a Milano nel 1879, in grado di ospitare 150 fanciulli ai quali si facevano svolgere attività sportive, ludiche ed istruttive.

Di notevole interesse, sul piano delle iniziative filantropiche intraprese dai 'fratelli', la costruzione dell'istituto dei rachitici, voluto a Milano dal livornese Gaetano Pini, con una struttura molto moderna, che prevedeva il ricovero oppure quello che oggi chiamiamo day hospital, con assistenza a domicilio e la scuola per i fanciulli ricoverati, curando in modo particolare la prevenzione della malattia. Su questo esempio, analogo istituto sorse a Genova con il contributo della massoneria genovese per iniziativa di Emanuele Celesia.

Per ovviare alle disastrose condizioni in cui sopravvivevano i senza tetto nelle cosiddette case d'alloggio, la massoneria italiana, sull'esempio di quanto si faceva da tempo in altri Paesi, invitò i 'fratelli', nel 1883, alla fondazione di dormiteli pubblici per i poveri, che rispondessero alle norme dell'igiene e della morale, contestando le condizioni degli analoghi istituti gestiti dai seguaci di San Vincenzo De Paoli. Seguì la fondazione di asili notturni in varie città.

In tanto fervore di iniziative laiche, progressiste, filantropiche, diciamo così di area democratico-massonica, Pavia appare massonicamente piuttosto defilata fino al 1886, anno in cui viene costituita la prima loggia. Non sappiamo per la verità se negli anni precedenti ci fosse stata una qualche attività nella città dove, nel Settecento, si era costituito uno dei primi centri massonici italiani e dove ancora nella prima metà dell'Ottocento era attiva una loggia in cui operava Gian Domenico Romagnosi. A Pavia era stato fiorente il Circolo democratico degli studenti, di cui era stato segretario Osvaldo Gnocchi Viani,34 che poi diventerà massone.

Nel 1865 vi era stata costituita una sezione della società del libero pensiero, che «si giovava della presenza all'Università di Giulio Lazzarini»,35 professore di filosofia e di diritto e collaboratore del giornale di Luigi Stefanoni «Libero pensiero».36 In Lombardia erano particolarmente attivi a Cremona i repubblicani e massoni Mauro Macchi e Arcangelo Ghislieri. A Milano il fondatore della società era stato Luigi Stefanoni, allievo di Ausonio Franchi. In genere i liberi pensatori criticavano la massoneria per la segretezza dell'organizzazione, per l'ubbidienza che richiedeva ai 'fratelli', per il simbolismo religioso e per quella che giudicavano una tolleranza eccessiva nell'ammissione di nuovi adepti. «Nel marzo 1868 la Società del libero pensiero di Pavia prese decisa posizione contro quelle società che ancora oggi 'tendono ad avvilupparsi nel mistero e in vieto e stupido simbolismo'».

Eppure molti liberi pensatori erano anche massoni e le due qualifiche venivano generalmente usate appaiate.

A mio giudizio la costituzione di una loggia massonica a Pavia è legata all'irrigidimento anticlericale provocato dall'enciclica Humanum genus del 20 aprile 1884, con la quale Leone XIII condannava ancora una volta con particolare durezza le società massoniche. Il vescovo di Pavia Agostino Riboldi commentava questa enciclica in una lunga lettera pastorale nella quale appare chiaramente che la massoneria veniva di fatto assimilata al socialismo. Al cattolico benpensante pavese si rappresentava un massone che si agitava contro la proprietà e «contro la disuguaglianza delle condizioni nella società».39 Il cui programma consisteva nello «stabilire una sconfinata libertà di pensare e di operare», nel «pervertire le giovani e le donne coll'insegnamento, (...) guastare le classi degli operai con soccorsi, con libri e giornali, con società ecc.».40

A questo si accompagnava naturalmente la guerra alla religione. Si sottolineava il parallelo: religione salvaguardia della società, massoneria minaccia della sicurezza sociale.41 Subito dopo però il vescovo Riboldi riconosceva che la filantropia massonica non era poi tanto diversa dalla carità cristiana e che alla setta condannata appartenevano tante persone di profonda morale e di sentimenti elevati.

La questione dei pericoli di una istruzione, non influenzata dalla religione, tornava più volte nella pastorale nella quale si sottolineavano i danni della scuola laica destinata a portare immoralità, rivoluzione sociale e a far dilagare il materialismo.43

Se a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta era stato il movimento del «Libero pensiero» la forza trainante della sinistra anticlericale, alla fine degli anni Ottanta questo ruolo era ormai saldamente in mano alla istituzione massonica, più potente ed organizzata e soprattutto su posizioni di estrema sinistra, almeno in Lombardia.44 Non stupisce quindi che, per intensificare a Pavia la battaglia contro il potere della chiesa, si sia pensato di costituire una loggia, su impulso di Gaetano Pini, medico cremazionista, filantropo, presidente del Rito simbolico italiano dal 1886 e anima del rito stesso. La loggia nasceva, molto significativamente, il venti settembre 1886, con il programma di «combattere ad oltranza e fino all'ultimo sangue il più grande nemico della famiglia, della patria, dell'umanità: il prete».46

Entrarono a farne parte medici, avvocati, commercianti, impiegati, tutti più o meno attivi nelle società democratiche, in quelle di mutuo soccorso, nelle società operaie, nelle biblioteche popolari. I primi 'fratelli' furono Antonio Aragona, negoziante, membro del consiglio direttivo della Banca operaia di Mutuo credito, del comitato direttivo della Società democratica e reduci; il repubblicano Emilio Beretta, anche lui membro della Società democratica e della società operaia di Cura Carpignano (Pv); il medico repubblicano Guido Gnocchi, presidente dell'Istituto sordomuti e futuro assessore nella amministrazione municipale presieduta dal sindaco prof. Pietro Pavesi (1899-1902); l'avvocato Pietro Lavezzi, membro della Società democratica, repubblicano intransigente; il commerciante Gaetano Manelli, volontario garibaldino; il fotografo Mario Tollini; l'impiegato Giulio Turati, membro della società cooperativa di consumo; il possidente Gaetano Valle, presidente della Società operaia di Redavalle (Pv)47

La loggia assunse il nome di Giuseppe Pedotti, un garibaldino morto in battaglia a S. Fermo nel 1859. E che si trattasse di una scelta non casuale lo dimostrò pochi mesi dopo scegliendo la data del 30 aprile per inaugurare i locali della sede.48 Negli anni seguenti entrarono a far parte della loggia il giornalista e uomo politico Giuseppe Mantovani e Giovan Battista Pirolini.

La loggia Pedotti inaugurò la partecipazione alla vita pubblica facendosi rappresentare al comizio anticlericale organizzato a Milano la prima domenica di novembre 1886.49

«La Provincia pavese», giornale dichiaratamente democratico-garibaldino e anticlericale, seguì con interesse e simpatia la vita della loggia, la cui nascita fu salutata dall'augurio che «il simbolico stendardo da essi innalzato sia quello intorno a cui la sana parte popolare si raccolga per rivendicare l'onore cittadino e la civile libertà, minacciati dalle consorterie religiose e politiche collegate». Anche a Pavia era in pieno svolgimento la battaglia per il forno crematorio. Il progetto del cimitero, dell'architetto Angelo Savoldi, era della fine degli anni Settanta. Nel 1880 veniva progettato il forno crematorio per la cui realizzazione ci sarebbero voluti vent'anni. Nel 1890 il comitato della società era composto da Costantino Mantovani, Alessandro Campali, Roberto Rampoldi, Antonio Griziotti, Urbano Pavesi, Enrico Monti, Giuseppe Righetti, Antonio Scapolla.51 Fra i primi che a Pavia si fecero cremare ricordiamo Giovanni Cantoni, Antonio Griziotti, Pietro Pavesi, già più volte citati, ed il professore di anatomia Bartolomeo Panizza.52

Nell'autunno del 1887 si costituiva un comitato per la realizzazione di un ricreatorio laico festivo a Pavia di cui entrarono a far parte Pietro Pavesi, Gaetano Nocca, Emilio Beretta, Costantino Mantovani, Guido Gnocchi, Urbano Pavesi, Antonio Griziotti, Felice Migliavacca.53 Sono gli stessi nomi che abbiamo trovato tra i cremazionisti e tra i massoni a riprova di una comune matrice culturale. Nel settembre 1889 si svolse a Brescia il 1° congresso nazionale dei ricreatori civili. Il 2° ebbe luogo a Pavia nel giugno 1892, con lo scopo di dare un ordinamento all'istituzione e di propagandarla. In preparazione del convegno, i 'fratelli' della loggia Pedotti diramarono una circolare a tutti i massoni italiani invitandoli ad aderire all'iniziativa, con lo scopo di «accordarsi sui mezzi migliori per la diffusione dei ricreatori laici».55 Al congresso, Giuseppe Mantovani affermò: l'accanita opposizione della chiesa non può arrestare la società nel suo cammino che tende a rendere le istituzioni civili indipendenti affatto dalle ecclesiastiche proclamando che i diritti ed i doveri del cittadino nulla hanno a fare colla sua forma di fede religiosa. La fede è veramente un sentimento del più alto valore, ed ha la sua ragione di essere nel bisogno di idealità che non è possibile soddisfare interamente per altre vie.

Ma noi viviamo sulla terra, ed anche credendo in un mondo migliore dobbiamo cercare di lenire intanto i mali di cui pur troppo l'uomo soffre quaggiù. Questa opera benefattrice deve svolgersi all'infuori di ogni culto, nella luce della più ampia libertà.

Nell'ambito del loro impegno civile, i massoni pavesi a Natale del 1891 offrirono il pranzo a circa trecento poveri. «Il servizio del pranzo venne fatto dagli stessi soci della loggia».57 La massoneria pavese, in sintonia con quella milanese, alla fine degli anni Ottanta cominciò a maturare una sempre più netta ostilità nei confronti del Gran Maestro Adriano Lemmi, la cui linea politica, di piena consonanza con quella del presidente del Consiglio Francesco Crispi, non riscuoteva le simpatie dei lombardi. La massoneria lombarda degli anni Ottanta, aperta alle istanze radicali e socialiste, non era disposta ad accettare le direttive del gruppo lemmiano diversamente indirizzate. Più in generale,  ritroviamo nei massoni lombardi tutti i motivi dell'opposizione anticrispina della sinistra: dall'ostilità alle imprese coloniali alle dichiarate simpatie per la Francia. Le rivendicazioni di autonomia della massoneria milanese procedono di pari passo con quelle di uno «Stato di Milano». Alla testa degli oppositori Malachia De Cristoforis, medico, garibaldino e futuro deputato radicale, Antonio Maffi, operaio fonditore di caratteri e deputato radicale dal 1882, Giuseppe Mussi, deputato radicale, molto popolare nel sesto collegio elettorale di Milano.59

Il ritorno di Crispi al potere, alla fine del 1893, era stato accolto con attenzione critica, trasformatasi in opposizione dichiarata, appena fu conosciuta la politica fiscale e accentratrice del governo. Le elezioni parziali amministrative del giugno 1894 permisero ai partiti dell'Estrema, raccoltisi intorno alla lista radicale, di raccogliere una significativa affermazione.

Quale fosse la loro posizione i 'fratelli' milanesi ribadivano in uno scritto del febbraio 1894 che si concludeva con queste parole: Bisogna che il popolo e quanti in realtà amano il popolo (...) si uniscano per invadere, con la massa compatta e trionfante dei voti, le ultime trincee del vecchio feudalismo politico ed amministrativo, salvo poi agire separatamente, sotto nomi diversi, alla instaurazione del nuovo assetto sociale. Bisogna, in conclusione, che dal buon volere di tutti esca una forte, e sia pure momentanea, unità di intenti, mezzo migliore, e forse unico, in questo doloroso periodo della storia italiana, per compiere le conquiste più urgenti, ossia per ottenere, ad esempio, la riforma tributaria, il suffragio universale, l'abolizione degli eserciti permanenti, la tutela dei fanciulli e l'emancipazione delle donne, lo svincolo da ogni servitù del lavoro agricolo e industriale, il sostegno alla vecchiaia il soccorso all'infortunio, quanto insomma il sentimento della giustizia e la scienza sociologica moderna ad alta voce invocano.6

Gli avvenimenti dei mesi successivi non fecero che radicalizzare lo scontro. Leggi antianarchiche in risposta agli attentati, persecuzioni contro i repubblicani e infine, in ottobre, lo scioglimento del partito socialista e delle associazioni operaie ad esso collegate. Sul fronte opposto, Crispi avviava una politica di conciliazione con il mondo cattolico.

Allo scioglimento delle organizzazioni socialiste le formazioni della sinistra milanese risposero superando le precedenti incompatibilità e costituendo la «Lega per la difesa della Libertà» nella quale si incontrarono radicali, repubblicani e socialisti.

I massoni democratici milanesi si schieravano apertamente contro il governo Crispi, disposti a capeggiare tutta l'opposizione per costituire un unico fronte antigovernativo, antimoderato e anticlericale. Maturava così l'accordo tra i partiti popolari che anni dopo avrebbero dato vita ai blocchi dell'età giolittiana.

La radicalizzazione dello scontro si concluderà alla fine del 1895 con le dimissioni di Adriano Lemmi da Gran Maestro. La loggia Pedotti di Pavia, pur essendo passata nel 1887 dal Rito simbolico a quello scozzese, appare allineata sulle posizioni dei simbolici milanesi più radicalmente ostili a Roma, come dimostra un documento, fatto pubblicare sulla «Provincia pavese» del 1895, in occasione dei tradizionali festeggiamenti per il venti settembre.

La loggia massonica Giuseppe Pedotti ritenendo che la festa del 20 settembre celebrata in quest'anno suoni oltraggio e calunnia al libero pensiero mentre per reato d'opinione rigurgitano di cittadini onorandi le prigioni dello Stato e l'altrui gloria può sfruttare chi fu proclamato fedifrago e concussore dalla coscienza d'un popolo delibera di astenersi da ogni manifestazione, in segno di lutto per i mali che affliggono la patria, augurando che prossimo sia il trionfo della libertà e dell'onore.

L'iniziativa dei fratelli di Pavia era dichiaratamente rivolta a manifestare la più aperta adesione alle azioni antilemmiane e anticrispine, intensificate dai massoni milanesi a partire dall'autunno 1894, prima per le elezioni amministrative, poi per quelle politiche.

La questione sollevata dalla loggia pavese fu oggetto di discussione nella giunta del Grande Oriente d'Italia e, su richiesta di Roma, il venerabile della loggia Antonio Scapolla ribadi che la pubblicazione fatta dal giornale pavese andava considerata ufficiale.64

Subito dopo, il 3 novembre, la Pedotti deliberava di intervenire alla solenne inaugurazione, a Milano, del monumento a Giuseppe Garibaldi, organizzata dalla massoneria italiana per celebrare il venticin­quesimo anniversario della presa di Roma, tenendosi però isolata con il suo stendardo dalle altre 'officine' della comunione. Il Grande Oriente considerò ostili tali iniziative e rispose sospendendo la loggia.65

L'anno seguente Roma decideva la demolizione, cioè la chiusura della loggia proclamatasi indipen­dente.66

La Pedotti continuò però a rimanere attiva ancora alcuni anni confluendo nella libera massoneria di Malachia De Cristoforis67 diventata poi Grande Oriente Italiano che, il 21 febbraio 1898, ottenne il riconoscimento del Grande Oriente di Francia.68 In risposta, il 6 maggio 1898 arrivava da Roma un decreto di espulsione nominativo che colpiva milanesi e pavesi.

Questi i 'fratelli' di Pavia colpiti dal decreto: Bagini Luigi, Beretta Camillo, Bidoia Vittore, Bordini Gaetano, Borgini Luigi, Brega Enrico, Breventani Giuseppe, Calvi Sante, Camera Edoardo, Camera Emilio, Cassi Antonio, De Ambrosis Giuseppe, Forniti Paride, Gnocchi Guido, Gnocchi Lucilio, Girini Roberto, Griziotti Antonio, Guangiroli Ercole, Lavezzi Piero, Marezzi Francesco, Montini Contardo,«Mussini Ercole, Pavesi Urbano, Pianetta Cesare, Predico Enrico, Ricotti Giovanni, Rossi Paolo, Rovida Carlo, Scapolla Antonio, Scuri Enrico^ Spalla Luigi, Tacchini Achille, Tollini Mario,_ Valle Gaetano, Varasi Ernesto, Veneroni Emilio, Venini Gaetano, Vigoni Alfonso, Vittadini Pietro. Si era aperto nel frattempo un altro capitolo dello scontro frontale tra chiesa cattolica e massoneria in Lombardia, contrassegnato da una lettera pastorale firmata da tutti i vescovi della regione, nella quale i fedeli venivano nuovamente messi in guardia contro i due congiunti pericoli della stabilità sociale e religiosa: il socialismo e la massoneria.70 L'iniziativa, assunta dal cardinal Ferrari, faceva seguito alla dichiarata volontà di combattere le forti logge milanesi esplicitata nel momento stesso in cui veniva nominato arcivescovo del capoluogo lombardo nel 1894.71

Alla lettera pastorale del 1896 replicavano le logge dell'Alta Italia, contestando le accuse ma confermando la validità dell'accostamento «poiché, come la nostra secolare istituzione, attraverso il pensiero dell'Enciclopedia cooperò alla consacrazione dei diritti dell'uomo, oggi cesserebbe dall'alto compito suo, se non si facesse precorritrice dell'evoluzione degli istituti umani, se non si mettesse in prima fila a debellare il feudalismo economico, germe della lotta di classe, di cui indarno si nega l'esistenza». 72

La guerra aperta tra logge e diocesi lombarde acquista tanto maggior rilievo se si pensa che la regione, in questo scorcio di secolo, era una sorta di laboratorio in cui maturavano le posizioni più avanzate in senso sociale e politico. A questo nel mondo cattolico corrispondeva il «particolare rilievo della chiesa milanese sull'intera società italiana». 73

Negli anni seguenti, la loggia Pedotti deve essersi sciolta perché quando, nel 1905, si chiude la lunga parentesi scissionista e vengono reintegrate nel Grande Oriente le logge ribelli, Pavia non compare. Invece, il 12 giugno 1902, il Grande Oriente d'Italia autorizza tre 'fratelli' della loggia Francesco Guardabassi di Perugia, residenti a Pavia, a costituire un triangolo massonico, cioè una loggia semplice, indice di una prima ripresa dell'attività massonica in città. 74 'fratelli' sono Attilio Purgotti, Cesare Appendine, Saverio De Dominicis, esponente del positivismo pedagogico e docente nell'Ateneo pavese.

Nel 1906 nasce a Pavia una nuova loggia, la «Gerolamo Cardano» di Rito scozzese antico e accettato, della quale entreranno a far parte il proprietario del giornale «La Provincia pavese» Abele Boerchio e il direttore Carlo Ridella, il pittore Romeo Borgognoni, Amilcare De Silvestri, fondatore della associazione di pubblica assistenza «Croce verde», i professori dell'Università di Pavia Luigi Suali, Giulio Oehl, Giuseppe Mazzarelli, Piero Ciapessoni, e ancora Alcide Malagugini, sindaco socialista di Pavia dal 1920 al 1922.75

Nel 1913 ricompare, questa volta a Vogherà, una loggia «Pedotti», di cui fa parte l'avvocato Roberto Gorini (uno degli espulsi del 1898, figlio di Paolo Gorini, fisico e inventore sia del metodo di conservazione delle salme sia del sistema per cremare i cadaveri).76

Una lettera, fortunosamente ritrovata, apre uno squarcio in un ambito completamente nuovo, rivelando contatti politici tra l'ambiente pavese ed Ettore Ferrari, lo scultore di sentimenti repubblicani diventato Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia nel febbraio 1904. La situazione internazionale aveva spinto le associazioni irredentiste ad intensificare l'attività. A Roma fu costituito un comitato segreto presso l'abitazione di Ettore Ferrari, che ne era anche il coordinatore insieme al deputato irredentista triestino Salvatore Barzilai, anche lui repubblicano.

Nel novembre 1904, Ferrari indirizzò una circolare a quanti si erano già dichiarati disponibili a costituire nella loro città un comitato locale, chiedendo loro di impegnarsi a diffondere nell'opinione pubblica sentimenti comuni in difesa degli interessi nazionali. Si temeva, infatti, che l'Italia potesse essere danneggiata da mutamenti delle frontiere nei Balcani. I comitati locali si sarebbero riuniti in una «Lega nazionale per i diritti d'Italia».77 A Pavia, la circolare fu inviata all'ingegnere Urbano Pavesi, che abbiamo già visto molto attivo nell 'associazionismo locale, e che rispose a Ferrari informandolo che la persona incaricata di mettersi in contatto con i responsabili romani per riferire «sullo stato del lavoro per la costituzione del comitato» era il professor Roberto Rampoldi.78

Sarebbe interessante rintracciare dati sull'attività irredentista di questo nucleo pavese.

Tra il 1905 e il 1908, la massoneria lombarda appare così forte in seno alla comunione italiana da spingere su posizioni di estremismo politico tutto il Grande Oriente d'Italia.79 Però, quando, nel 1906, nel dibattito legato alla stesura delle nuove costituzioni massoniche, si discute la possibilità di abrogare la formula di invocazione A.G.D.G.A.D.U. (alla gloria del Grande Architetto dell'Universo), così come era avvenuto nel 1877 in Francia, la comunione massonica italiana respinge la proposta, rifiutandosi di trasformare in ateismo il proprio deismo.

Le costituzioni generali del 1906 risentono però dell'eccessiva politicizzazione dei massoni lombardi. Ciò sia nell'art. 1, dove si legge: «La comunione italiana, non discostandosi nei principi e nel fine da quanto l'ordine mondiale professa e si propone, propugna il principio democratico nell'ordine politico e sociale», sia nell'art. 23, nel quale si chiede al massone «di conformare la propria azione al programma massonico, se investito di pubblici uffici; e di rendere conto dei propri atti al governo dell'ordine, qualora ne venga richiesto».

Questi due articoli segnarono una profonda trasformazione della 'comunione' italiana, ponendo le premesse di allontanamenti ed espulsioni che si susseguirono a ritmo accelerato negli anni seguenti. Alle divergenze sul piano politico si aggiunse il contrasto tra le diverse posizioni culturali, che convivevano all'interno della comunione massonica: positivisti, agnostici, atei e materialisti faticavano a trovare un'intesa con gli spiritualisti, i tradizionalisti, che intendevano recuperare la via propria della massoneria, abbandonando il dibattito politico e religioso considerato estraneo al rigore degli Studi iniziatici. La riprova l'avremo nel 1908. quando queste due componenti si scissero in conseguenza del voto parlamentare sulla mozione Bissolati relativa all'insegnamento della religione nelle scuole elementari, dando così vita alla 'comunione' che prese, dalla ubicazione della sede, il nome di piazza del Gesù. L'espressione di questo voto manifestò in maniera chiara la volontà di riconoscerei nella politica giolittiana diretta a un avvicinamento al mondo cattolico a fronte del pericolo rivoluzionario socialista, che si poneva, per alcuni, come prioritario rispetto alla questione laica ed anticlericale. Ma non fu ininfluente nemmeno la nuova cultura filosofica idealistica, che si era in quegli anni contrapposta al positivismo ottocentesco ancora dominante nelle Università. Si ufficializzava così il dualismo della massoneria italiana, divisa tra la 'comunione' che fu detta di palazzo Giustiniani, a carattere politico-sociale e progressista, e quella di piazza del Gesù, a carattere ritualistico-culturale, tradizionalista.

Note:

(1) EUGENIO BONVICINI, L'esoterismo massonico, in La libera muratoria, Milano 1978, p. 204.

(2) ULISSE BACCI, Il libro dei massone italiano, Roma 1908, voi. I, p. 192.

(3) «Rivista della massonerìa italiana», 31 gennaio 1881, pp. 18-19.

prova di quanto appena detto possiamo ritrovarla nei brevetti massonici distribuiti a personaggi della democrazia, anche non massoni, cui si riconoscevano i requisiti per poterlo diventare. Si veda il brevetto di membro onorario mandato a Benedetto Cairoli nel 1876 dalla loggia «La vera fratellanza» di Livorno. Cairoli ringraziò rifiutando. «La massoneria ha contribuito al progresso della civiltà e alla sconfitta di pregiudizi col glorioso e lungo apostolato che affrontò pericoli e sacrifici sotto il flagello di governi dispotici e delle invasioni straniere» affermò. «Ma credo fermamente che mutati i tempi e rimossi gli ostacoli possa essere palese la bella missione senza dover rifugiarsi nelle tenebre e circondarsi di mistiche formalità». Pavia, Archivio Civico, Fondo Soriga, cartella 35. Quando Benedetto Cairoli morì, il Gran Maestro dell'epoca Adriano Lemmi inviò alla vedova la seguente lettera, in data 13 agosto 1889, che conferma la sua non appartenenza al Grande Oriente e insieme la stima di cui godeva anche tra i massoni:

«Signora, nel compianto di tutto il Paese per la scomparsa dell'ultimo superstite d'una famiglia di Eroi al quale Ella, Signora, aveva legato amorosamente il proprio destino, era anche e profondo e vivissimo il cordoglio dei Liberi Muratori Italiani.

In quei momenti di angoscia la Massoneria ufficialmente rimase muta; ma nell'animo mio e in quello di tutti i fratelli nell'augusto sodalizio, non taceva il dolore per una perdita che lungamente ci terrà inconsolabili. Ora che la cara e venerata salma del suo Benedetto riposa nel sepolcreto dell'eroica famiglia, consenta che nel mio e nel nome di tutti i Massoni d'Italia Le presenti condoglianze vivissime, non perché io speri che esse valgano ad alleviare l'immensa ambascia che La opprime, ma perché Ella sappia, o Signora, come e quanto la Massoneria senta la immensa sventura che colpiva gli amici e la Patria. Egli non dette mai formalmente il suo venerato e, purissimo nome al nostro mondiale istituto, ma essenzialmente fu sempre con noi e professò e propugnò fino alla morte i principii, che formano l'essenza del pensiero e dell'azione della Massoneria, e sono sacro ed immutabile amore di quanti vagheggiano i più alti umani ideali.

Nelle nostre Loggie rendiamo solenni onoranze alla memoria dell'Illustre estinto piangendo scomparsa con Lui una delle più splendide incarnazioni dell'uomo, del soldato, del cittadino.

Che i gentili e pietosi ricordi dell'Uomo indimenticabile che a Lei legava il prezioso retaggio di tanto cuore, di tanto carattere, di tanta virtù, e l'unanime cordoglio che lasciò morendo in ogni Italiano, Le dieno forza per sopportare la grande sventura. Né questa forza, io me lo auguro, Le mancherà, perché Ella, o Signora, fu sempre e sarà veramente degna di Lui. Con profondo ossequio e affetto Adriano Lemmi». «Rivista della massoneria» cit, 1889, p. 169.

(n.d.r. - si veda al riguardo altra tesi, documentata, che conferma l'appartenenza alla massoneria di Benedetto Cairoli alla quale vi rinviamo)

5  Sul tema di grande interesse storiografico della sociabilità si vedano i saggi di Maurice Agulhon, Zeffiro Ciuffoletti, Maria Teresa Maiullari, Maria Malatesta, Marina Formica, Gilles Pécout, Maurizio Ridolfi, «Dimensioni e problemi della ricerca storica», 1992, n. 1, pp. 39-135.

6  MARIA FUBINILEUZZI, Bonavino Cristo/òro (Ausonio Franchi), Dizionario biografico degli italiani, 1969, p. 652. La cattedra di straordinario di storia della filosofia gli fu conferita da Terenzio Mamiani per intervento di Giuseppe La Farina. (CARLO MONTALBETTI-LUIGI POLO FRIZ, «II Risorgimento», 1984, n. 2, p. 169). Sul ritorno nella comunione nazionale delle logge di rito simbolico si veda «Bollettino del Grande Oriente della Massoneria in Italia», 1869, voi. 1 1, pp. 401 -5. Ausonio Franchi che aveva lasciato l'abito talare nel 1849 rientrò nella chiesa cattolica alla fine degli anni Ottanta. Si veda L'ultima critica di Ausonio Franchi, «La civiltà cattolica», a. 40°, voi. IV della serie decimaquarta, 1889, pp. 5-20.

7  I primi Statuti del Rito simbolico sono quelli dell'Assemblea costituente del Grande Oriente Italiano di Torino del 1861. In essi vengono riconosciuti soltanto i primi tre gradi. Solo negli anni successivi si arriverà a riconoscere il ruolo degli altri riti. Di Ausonio Franchi si legga il Discorso letto alla L. Insubria nella tenuta del 30 maggio 1864 dal F. K Ausonio Franchi, si, sd.

8  Simone Larcher nel 1863 era segretario della loggia Insubria di cui divenne maestro venerabile nel 1871. Fu mandato come delegato delle logge lombarde alla costituente del 1868. Fautore dell'unione delle logge simboliche milanesi al Grande Oriente d'Italia, divenne, nel 1869, l'uomo di fiducia, per la Lombardia, dell'alierà gran maestro Ludovico Frapolli. In quel momento le logge milanesi erano disastrate. La ricostruzione fu opera sua. Nel 1867 fu tra i fondatori di una società promotrice delle biblioteche popolari a carattere laico costituita a Milano (GUIDO VERUCCI, L'Italia laica prima e dopo l'unità 1848-1876. Anticlericalismo, libero pensiero e ateismo nella società italiana, Bari 1981, p. 102). Trentino di nascita, avvocato, fu nominato da Zanardelli presidente del tribunale di Cagliari. (Notizie avute da Luigi Polo Friz). Il suo necrologio si trova nella «Rivista della massoneria italiana» del 1891 a p. 272.

9  Nel congresso massonico nazionale del 1881 parlò dell'unificazione dei riti il fr. Debelli, uno dei membri del gruppo di Ausonio Franchi. Era il terzo tema all'ordine del giorno e diede luogo ad una «discussione lunga e vivissima» (p. 31). La sintetizzò un fratello di Firenze con queste parole: «Essendo il Rito simbolico più conforme d'ogni altro alle democratiche tendenze dei tempi, ma essendo d'altra parte il Rito scozzese intimamente legato alle tradizioni della massoneria ne avviene che l'uno e l'altro abbiano molti e zelanti fautori» (p. 29). Si veàaAlmanacco del libero muratore, a. XI, 1882, Milano 1882.

10  FAUSTO PONZI, Crispi e lo «Stato di Milano», Milano 1965, pp. 170-1.

11  II congresso nazionale massonico si svolse dal 28 settembre al 3 ottobre. In quello stesso settembre del 1881 si svolse, sempre a Milano, il congresso costitutivo della Confederazione operaia lombarda. A Milano in quello stesso anno aveva avuto luogo anche una imponente esposizione industriale nazionale.

12  «Rivista della massoneria italiana», 188 1, p. 100

13  Ivi, pp. 163-4. La relazione svolta da Pirro Aporti inAlmanacco del libero muratore cit., pp. 64-78. Personaggio di primo piano della massoneria lombarda, l'avvocato Aporti era Gran Maestro aggiunto onorario del Grande Oriente d'Italia e presidente della Gran Loggia del Rito simbolico (BACCI, // libro cit, voi. n, p. 352). Ponzi ricorda che egli svolse nella regione intensa propaganda tra i giovani dell'estrema sinistra (Crispi cit., p. 249). Aporti aveva retto come commissario nominato da Crispi la Camera di commercio di Milano (p. 372).

14  «Rivista della massoneria», 1881, pp. 177-8.

15 Almanacco del libero muratore cit.,p. 26.

16 Ivi, p. 38.

17  La stessa affermazione si ritrova nella costituzione massonica del 1887.

18  «Rivista della massoneria» cit, 1881, pp. 130-1.

19  Almanacco del libero muratore cit, p. 32.

20  Ivi, p. 102.

21  «Rivista della massoneria» cit, 1881, pp. 241-3.

22  Ivi, p. 225.

23  R.L. La Ragione, Primo cinquantenario di fondazione, Milano 1920, pp. 23-4.

24  «Rivista della massoneria» cit, 1883, pp. 290-1; La Cremazione, mAlmanacco civile 1923, p. 106; ANNA M. ISASTIA, L'attività parlamentare di Salvatore Morelli, in Salvatore Morelli (1824-1880): democrazia e politica nell'ottocento europeo, a cura di GINEVRA CONTI ODORISIO, Napoli 1992, pp. 93-120. Contro la cremazione si legga l'attacco di parte cattolica in Massoneria, socialismo, ebraismo. Note storiche contemporanee d'un italiano, Bologna 1979 (la ediz. 1888), pp. 94-100. A Milano a novembre del 1897 fu inaugurato «un tempio degno della Istituzione e della Città» voluto dalla Società milanese di cremazione. A inaugurarlo fu Malachia De Cristoforis (Inaugurazione del nuovo tempio crematorio e cinerario di Milano nel cimitero monumentale, Milano 1897).

25  «Rivista della massoneria» cit, 1883, p. 63.

26  «La provincia pavese», 2 febbraio 1887, n. 14

27  L'elenco dei promotori iscritti alla società di cremazione di Pavia comprendeva, nel 1881 i seguenti nomi: Agosteo Alessandro, ragioniere, Astengo Luigi, dottore in legge, Barilati Carlo, dottore in legge, Bassini Edoardo, dottore fisico, Bertagnoni Luigi, rettore del collegio Ghislieri, Bevilacqua Giacomo, negoziante, Bevilacqua Giuseppe, Brasati Giovanni, notaio, Barlini Giovanni, Campari Alessandro, ingegnere, Cantoni Giovanni, professore e senatore del regno, Capella Silvio, possidente, Capsoni Camillo, segretario dell'ospedale, Casorati Felice, professore, Cassinara Eugenio, tipografo, Castelli Giuseppe, orefice, Cananeo Giovanni, dottore fisico, Cazzani Carlo, possidente, Ceni Angelo, ingegnere, Corti Antenore, segretario di prefettura, Corti Emesto, professore, Dagna Pietro, notaio, De Angelis G.C. Daniele, segretario municipale, De Paoli Giuseppe, maestro di musica, Fabio Luigi, ragioniere, Fichi Andrea, ragioniere, Fomenti Carlo, professore, Forni Gerolamo, avvocato, Forni Marco, ingegnere, Gambini Davide, ingegnere, Genasio Battista, veterinario, Gilardelli Leopoldo, avvocato, Giudice Emilio, Griggi Francesco, ingegnere, Griziotti Antonio, avvocato, Griziotti Marcelle, dottore fisico, Lavezzi Pietro, avvocato, Maccabruni Giuseppe, avvocato, Mantovani Costantino, avvocato, Migliavacca Giovanni, ingegnere, Montaldi Ernesto, negoziante, Montini Contardo, giornalista, Moretti Celeste, dottore, Nocca Carlo Francesco, possidente, Oppizzi Bassano, avvocato, Paleari Giovanni, ragioniere, Pavesi Urbano, ingegnere, Pietrasanta Luigi, negoziante, Pirotta Siro, Righetti Annibale, negoziante, Righetti Giuseppe, negoziante, Rocchini Michele, ingegnere, Scapolla Antonio, impiegato, Scassa Cesare, dottore fisico, Sinforiani Giuseppe, impiegato, Stefanini Domenico, dottore fisico, Tenci Marsilio, Vecchio Angelo, professore, Vecchio Giuseppe, negoziante, Vecchio Luigi, notaio, Vitali Carlo, ingegnere, Zanetti Cesare, albergatore, Zenoni Ermenegildo, professore, Zucca Ottorino, dottore fisico.

28  FILIPPO TURATI, Cremazione, in «L'Anticlericale», Milano, 25 febbraio 1883; ID., Dal tempio crematorio, in Libro di divozioni per le diverse ore della giornata e le principali feste dell'anno, aggiuntavi vespri, notturni e compieta, compilato da ARCANGELO GHISLERI. Questa pubblicazione fu posta ali'«Indice» con decreto del Sant'Uffizio del 14 luglio 1892. Se ne conserva un'edizione pubblicata a Milano nel 1899. La poesia di Turati fu pubblicata di nuovo nell'Almanacco Civile (p. 107).

29  I congressisti al primo ricreatorio, in Almanacco cit, 1882,pp. 58-63; si veda anche ^Regolamentodei ricreatori della Società promotrice dei ricreatori in Milano, Milano 1879. Molto significativa la divisa con cui i frequentatori dei ricreatori è previsto compaiano in pubblico e che consiste in «un berretto ed una coccarda tricolore».

30 Si veda quanto scriveva al riguardo la «Rivista della massoneria italiana» nel 1881.

31  Ivi, 1883, p. 284.

32  Necessità di fondare pubblici dormitori, ivi, 1883, pp. 283-4. Lo statuto per l'istituzione di dormitori pubblici fu predisposto dalla loggia «La Ragione» di Milano nel 1882 (si veda Primo cinquantenario cit, p. 26). Nel 1888 le attività a favore dei poveri milanesi vennero organizzate con un Regolamento organico del Soccorso Fraterno dei poveri della città e sobborghi approvato il 2 maggio 1888, Milano 1888 (pubblicato da ALDO A. MOLA, Storia della massoneria italiana dall'unità alla repubblica, Milano 1976, pp. 663-4).

33 Nell'Archivio di Stato di Vienna si conserva un elenco di massoni lombardi compilato in gran parte dalla direzione generale di polizia con indicazioni della loggia di provenienza. Da questo elenco del 1831 risultano attivi a Pavia i massoni Barbieri Giovanni, Brambilla Alessandro, cassiere di collegio, Configliachi abate Pietro, Marchesi Giuseppe, professore, Pratesi Pietro, ispettore botanico, Romagnosi Giandomenico, professore. Il documento è citato in AMBROGIO VIVIANI, Storia della massoneria lombarda dalle origini al 1962, Foggia 1993.

34  VERUCCI, L'Italia laica cit, p. 276.

35  Ivi,p.212.

36  Ivi, p. 186.

37  Verucci lo considera ostile alla massoneria Altri lo ritengono invece massone.

38  Ivi, p. 215.

39  Pastorale di monsignor Agostino Riboldi vescovo di Pavia per la pubblicazione dell 'Enciclica Hwnanum genus contro la Massoneria, Pavia 1884, p. 5.

40  Ivi, p.7.

41  Ivi, p. 10.

42  Ivi.

43  Ivi, p. 38. L'eredità di mons. Riboldi, a Pavia, fu raccolta da mons. Francesco Ciceri che svolse a sua volta un ruolo centrale nel delineare gli orientamenti dell'episcopato lombardo (FRANCESCO TRANIELLO, Cultura cattolica e vita religiosa tra Ottocento e Novecento, Brescia 1991, pp. 245-7).

44  Una lettera di Ghislieri a Turati del 6 maggio 1886 chiarisce in modo evidente il ruolo della massoneria lombarda. Ghislieri, a quel tempo non più massone attivo, scriveva di esservi entrato «per inviti di Aporti, a que' tempi ch'ero, senz'essere massone, uno de' più operosi lavoratori in senso anticlericale». Nella loggia di Milano «La Ragione» Ghisleri si trovò bene perché «più che un'officina come le altre, è il nucleo politico vivo, che sotto forme dissimulatrici, fa propaganda e beneficenza efficaci». Mandato a Bergamo a fondare una loggia, le riunioni da lui indette erano del tutto informali. Finì con l'allontanarsi dalla massoneria perché non ne condivideva spiritualità e ritualismi. (F. Turati attraverso le lettere di corrispondenti (1880-1925), a cura di A. SCHIAVI, Bari 1947, pp. 44-5). Negli anni successivi Ghisleri tornò a far parte della comunione massonica nella loggia «Carlo Cattaneo» di Milano. (Nei registri matricola del Grande Oriente alla data del 3 ottobre 1906 risulta rilasciato a suo nome un diploma di maestro).

45  Schizzo storico sul rito simbolico italiano, «Rivista massonica», 1914, n. 1, pp. 26-8. Secondo Bacci, il simbolismo era stato restaurato in Italia da Gaetano Pini. (BACCI, // libro cit, voi. n, p. 326).

46  «La Provincia pavese», 22 settembre 1886, n. 114.

47  Archivio storico Grande Oriente d'Italia [A.S.G.O.L], Matricola generale.

48  «La Provincia pavese», l°maggio 1887,n. 52. Il 30 aprile 1849 era una data cara a tutti i garibaldini. Quel giorno i romani avevano respinto le truppe francesi di Luigi Napoleone che avevano tentato il primo assalto alla città.

49  «La Provincia pavese», 10 novembre 1886,n. 135.

50  Numero del 1° maggio 1887 cit.

51  Ivi, 22 gennaio 1890.

52  Nel cimitero di Pavia c'è un settore riservato ai defunti cremati.

53  «La Provincia pavese», 16e21 ottobre 1887. Il 24 agosto 1888 in un successivo articolo si parlava di un ricreatorio funzionante.

54  Di Pietro Pavesi si conserva uno studio che ricostruisce la storia dell'edificio in cui fu sistemato il ricreatorio, corredato da una pianta del luogo. Si tratta del monastero di S. Dalmazio adibito ad alloggiamento militare nel periodo napoleonico e rimasto in uso ai militari anche sotto gli austriaci. Nel 1839 il vescovo Tosi vi aprì un oratorio festivo per gli 'artigianelli'. Dopo l'unità vi si stabilirono il servizio di leva e la società ginnastica pavese, quindi il nuovo ricreatorio laico. La sede del ricreatorio laico, Estratto dal numero unico «XX Settembre», Pavia, 1898.

55  «Rivista della massoneria italiana», 1892, pp. 164-5.       :

56 «La Provincia pavese», 8 giugno 1892, n. 69.

57   Non era la prima volta che i massoni pavesi facevano questo tipo di beneficenza. Si veda al riguardo l'articolo pubblicato dalla «Provincia pavese» e riportato nella «Rivista della massoneria italiana», 1891, pp. 8-9.

58  Sul tema si vedano i lavori di PONZI, Crispi cit e di FERDINANDO CORDOVA, Massoneria e politica in Italia. 1892-1908, Roma-Bari 1985. Scrive Ponzi che i milanesi «si dichiaravano, nella quasi totalità, filofrancesi, mentre il pensiero e soprattutto l'anima di Crispi erano sostanzialmente avverse alla Francia» (p. 22). E aggiunge che «apparivano concordi nel sentimento filofrancese i repubblicani e i monarchici, i rivoluzionari e i conservatori, i razionalisti e i cattolici» (p. 23). Nel 1892 comunque alla visita di Lemmi alle logge liguri intervennero anche le logge milanesi e la «Giuseppe Pedotti» di Pavia.

59  Appare significativo al riguardo l'atteggiamento di opposizione assunto dalle logge milanesi nel 1885 quando Adriano Lemmi fa eletto Gran Maestro. A dicembre Lemmi decretava la demolizione delle officine massoniche milanesi «La Ragione» e «La Regionale Insubria», di Rito simbolico, «La Cisalpina», di Rito scozzese. Subito dopo le ricostituiva con decreto n. 27 del 17 dicembre 1885. (A.S.G.O.I., Decreti.) Malachia De Cristoforis si era laureato in medicina all'Università di Pavia. Nella stessa sede Mussi aveva preso la laurea in giurisprudenza.

60  PONZI, Crispi cit, pp. 16-7.

61  La massoneria e la questione sociale, Milano 1894, p. 6.

62  Sottolinea giustamente Fonzi che vincoli massonici, vincoli di amicizia, comuni esperienze culturali nei circoli positivistici facilitarono O ricostituirsi di una unità politica là dove già esisteva una fondamentale unità ideologica e culturale. PONZI, Crìspi cit, pp. 174-5). Sulla politica dei blocchi si veda ZEFFIRO CIUFFOLETTI, Storia delPSI. I Le origini e l'età giolittiana, Roma-Bari 1992, pp. 301-16.

63  «La Provincia pavese», 18 settembre 1895, n. 112. L'ostilità dei pavesi ai festeggiamenti del 20 settembre 1895 va ricollegata all'approvazione della legge che trasformò la ricorrenza, cara a tutta la sinistra democratica, in festa nazionale in occasione del venticinquennale del 1870. Si temeva infatti che, dietro la retorica romana e anticlericale, Crispi nascondesse ambizioni imperialistiche in Africa. Sull'atteggiamento dei lombardi si veda PONZI, Crìspi cit, pp. 468-71 e 482-95.

64  70ª adunanza della Giunta del G. O., lunedì 21 ottobre 1895, in ALDO A. MOLA, Adriano Lemmi Gran Maestro della nuova Italia (1885-1896), Roma 1985, p. 196.

65  Si veda il decreto n. 56 del 29 ottobre 1895, non spedito, e il successivo decreto n. 62 del 20 novembre 1895, in A.S.G.O.I., Decreti.

66  Ivi, Verbali del Consiglio dell'Ordine, seduta del 19 aprile 1896; «Rivista della massoneria» cit, 1896, p. 124.

67  Malachia De Cristoforis, democratico radicale, nelle elezioni politiche del 26 maggio e 2 giugno 1895 fu eletto deputato in un collegio di Milano dalle forze dell'opposizione anticrispina.

68  CORDOVA, Massoneria e politica cit.. p. 77. La richiesta del riconoscimento francese si inserisce perfettamente nella linea filofrancese seguita da tutte le formazioni politiche democratiche lombarde, tra le quali può essere inserita a tutti gli effetti la comunione massonica di De Cristoforis.

69  Decreto n. 107, A.S.G.O.I.

70  Massoneria e socialismo, Milano 7 dicembre 1896, in Supplemento al «Resegone» n. 781 (29-30 gennaio 1897). Il tema è continuamente all'ordine del giorno delle conferenze episcopali. Dopo la lettera collettiva del 1896 se ne parla di nuovo chiaramente in quella del 1901, nella conferenza del 1902 ed in altre occasioni ancora (TRANIELLO, Cultura cattolica cit, pp. 252-3. Nelle elezioni amministrative svoltesi a Pavia il vescovo Agostino Riboldi aveva favorito un accordo tra moderati e cattolici contro i radicali e i socialista. Lo stesso tipo di accordo, nel febbraio 1895, portò i moderati a palazzo Marino.

71  Si veda sull'argomento quanto scrive la «Rivista della massoneria italiana», 1894, pp. 218 e 265. Sull'argomento anche PONZI, Crispi cit, p. 100.

72  Congresso massonico in Milano fra le loggie dell 'Alta Italia. Lettera aperta ali 'arcivescovo ed ai vescovi della provincia di Milano, 20 settembre 1897. Era la risposta al XV Congresso cattolico italiano che si era riunito a Milano dal 31 agosto al 3 settembre.

73  NICOLA RAPONI, Milano «capitale morale» e chiesa ambrosiana. L'età del cardinal Ferrari (1894-1921), in Storia religiosa della Lombardia. Diocesi di Milano (2a parte), Brescia 1990, p. 780.

74  A.S.G.O.I., Decreto n. 104.

75  A.S.G.O.I., Matricola generale.

76  Fu Paolo Gorini a sistemare, nel 1872, le spoglie di Mazzini sebbene gli fossero state affidate in avanzato stato di decomposizione. Lo ricorda ALESSANDRO LEVI, Ricordi della vita e dei tempi di Ernesto Nathan, Firenze 1927, pp. 64-7. Nel 1874 il prof. Gorini imbalsamò la salma dello scrittore milanese Giuseppe Rovani.

77  Circolare riservata dattiloscritta datata Roma, 25 novembre 1904 con firma autografa di Ettore Ferrari. (A.S.G.O.I., Carte Ferrari).

78  Urbano Pavesi a Ettore Ferrari, Pavia, 11 dicembre 1904 (fondo cit).

79  Nel 1907 la politicizzazione della massoneria italiana è un fatto compiuto e ufficializzato sulla «Rivista della massoneria italiana». Si veda quanto ratificato nel Consiglio dell'Ordine del 5 maggio 1907 (A.S.G.O.I.). Contemporaneamente si manifesta il dissenso interno con due articoli pubblicati sulla stessa «Rivista» (EDOARDO PROSIMI, Lavoro profano o lavoro massonico?, 1907,pp. 169-72; GIULIO CAPURRO, Ritorniamo agli statuti, 1907, pp. 232-4). Importante in questa ottica anche la nascita di una loggia operaia a Milano nell'estate del 1905, la loggia «Vis Nova».

80  Costituzioni generali della massoneria in Italia discusse ed approvate dal! 'assemblea costituente del 1906, Roma 1906.

81  Si veda quanto scrive Edoardo Frosini nell'artìcolo citato. Il 17 dicembre 1909 Frosini fondò a Firenze la Loggia centrale Ausonia, dichiarando ufficialmente fondato, appena due mesi dopo, il Rito filosofico italiano che fu ammesso nella Federazione massonica universale dei riti ortodossi.